Tante le ipotesi sul tavolo di confronto tra regioni, enti locali e governo che si sono confrontati da questa mattina sulle misure che potrebbero confluire nel Dpcm di lunedì 2 novembre del premier Conte. A quanto si apprende, da parte di alcuni amministratori, a partire dal ligure Giovanni Toti, si è chiesta una differenziazione delle limitazioni a fasce di età, considerate più a rischio, come gli over 70. Una ipotesi che per alcuni potrebbe essere preferibile al lockdown generalizzato.
Le voci e le notizie su presunte ipotesi allo studio di introdurre, nel prossimo Dpcm, misure restrittive della mobilità per gli anziani ultrasettantenni, sarebbero del tutto infondate. E’ quanto assicurano all’Adnkronos fonti di governo che sottolineano che “non esiste” alcuna ipotesi di questa natura.
Condivisa l’idea di puntare in ogni caso a misure che siano il più possibile indirizzate a tutto il Paese, evitando interventi troppo differenziati, come chiesto dal presidente della Lombardia, Attilio Fontana. Sul tavolo anche attività commerciali e scuola. Per i centri commerciali possibili nuove strette, per gli istituti si pensa a didattica a distanza in tutte le aree del Paese per le superiori, in forse per medie.
L’incontro odierno, durato oltre tre ore, avrà un secondo step domattina alle 9.
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Nuovo Dpcm in arrivo, Speranza: “Misure nazionali e per territori”
BONACCINI – “La chiusura dei centri commerciali nel weekend l’avevamo già proposta per l’ultimo Dpcm, sul trasferimento tra Regioni potremmo contenere la trasmigrazione se non per motivi di lavoro o salute mentre si potrebbe ragionare su una limitazione della circolazione dopo un certo orario eccetto per motivi essenziali”. E’ quanto avrebbe detto, a quanto si apprende, il presidente della Conferenza delle Regioni, Stefano Bonaccini, nel corso dell’incontro.
“Più ci sono misure nazionali più diamo un senso di uniformità perché sarebbero più facili da spiegare al Paese – ha sottolineato – anche perché la situazione è diffusa in tutto il Paese. Meglio qualche misura più restrittiva oggi per evitare di intervenire ogni settimana”.
FONTANA – Se bisogna fare un lockdown, che sia nazionale e non territoriale. Sarebbe questa, secondo quanto si apprende, la posizione espressa dal governatore della Lombardia, Attilio Fontana, durante l’incontro con il governo.
“Il lockdown è l’unica misura che si è dimostrata efficace, se possiamo andare avanti con altre misure non determinanti procediamo ma se i tecnici ci dicono che l’unica alternativa è il lockdown facciamolo, ma no a un lockdown territoriale perché se fermiamo Milano si ferma la Lombardia”, ha detto il governatore. Il virus, è il ragionamento, “oggi è diffuso su tutto il territorio nazionale, non è come a marzo, possiamo forse aspettare ancora qualche giorno magari riducendo capienza tpl, allungando il coprifuoco, tenendo a casa gli over 70 ma sono misure interlocutorie”. E ancora: i cittadini non sono più disposti a seguirci “se non diamo garanzie certe dei ristori”.
ZAIA – Un “lockdown generalizzato non è sostenibile e non serve, in Veneto la maggior parte sono asintomatici e la sanità è assolutamente sotto controllo”. Dunque “ok a misure nazionali, decidiamole insieme, e chi ritiene per il piano adottato può aggiungere misure territoriali restrittive”. E’ quanto avrebbe detto, a quanto si apprende, il governatore del Veneto Luca Zaia, nel corso dell’incontro.
“Dobbiamo fare squadra ed essere uniti tra noi e il governo”, l’appello di Zaia, che se la sarebbe presa con gli esperti: “E’ intollerabile che i virologi dicano tutto e il contrario di tutto in tv”. Quanto all’Rt “non sempre è paragonabile tra Regioni perché il numero dei tamponi e dei contact tracing sono diversi” avrebbe detto il governatore, che avrebbe anche chiesto di puntare a “irrobustire le cure domiciliari”, le persone che non richiedono interventi specifici, il suo ragionamento, “devono potersi curare in casa”.
TOTI – “Stiamo affrontando una situazione complessa ma la stiamo affrontando non da impreparati come si vuole far passare, e sarebbe giusto dirlo e dircelo senza fare polemiche inutili”. E’ questo, secondo quanto si apprende, il ragionamento del governatore della Regione Liguria, Giovanni Toti, durante l’incontro con il governo. “Il clima nel Paese – ha detto – non è quello di marzo-aprile, perché i numeri non sono di quella drammaticità né nel numero di terapie intensive né nei morti, ma l’economia è molto più stanca e se le misure restrittive erano prese come un atto di responsabilità oggi si riempiono le piazze di facinorosi e delinquenti e le decisioni sono vissute con maggiore fastidio”.
Il punto, secondo Toti, è che si può ancora bloccare la movida o la circolazione notturna, ma “pensare di bloccare i porti di Genova e Savona, riprendere le autocertificazioni sarebbe impossibile e illogico”. Un altro aspetto del suo intervento è legato ai medici di famiglia, che “vanno coinvolti di più, se d’accordo bene, altrimenti si precettano”.
DE LUCA – La logica dei singoli territori non ha senso perché l’epidemia è diffusa, serve muoversi in maniera unitaria”. Lo avrebbe chiesto il governatore della Campania, Vincenzo De Luca, nel corso dell’incontro con il governo.
“Differenziazioni territoriali – avrebbe spiegato – porterebbero a reazioni diverse in Campania che non sarebbero capite, sono improponibili perché i livelli di controllo non esistono”. “Il 60% dei positivi in Campania erano in area metropolitana di Napoli, abbiamo vietato la mobilità tra comuni ma non ci sono i controlli; abbiamo alcune zone rosse ma abbiamo deciso con i prefetti di presidiare le zone centrali”, avrebbe ancora spiegato De Luca.
EMILIANO – “Nessuno sa quanto durerà l’epidemia, probabilmente faremo una serie di stop&go che non sono contraddizioni ma la naturale gestione di una pandemia” avrebbe detto il presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano. “Alla luce di questi stop&go la didattica in presenza può essere interrotta”, ha aggiunto, spiegando di “capire bene i problemi organizzativi delle famiglie, studiamo un meccanismo per fargli prendere babysitter o congedi parentali”. “Se dopo le 18 abbiamo detto che si chiudono attività non necessarie allora dopo le 18 non bisogna più stare in giro o fare cene con non conviventi”, ha poi sottolineato.
MUSUMECI – “Più cresce la mobilità delle persone più crescono le probabilità di contagio. Per questo motivo stiamo valutando la possibilità, assieme alle altre Regioni ed al governo centrale, di ridurre ogni occasione di movimento non proprio necessario”. Lo ha detto all’Adnkronos il presidente della Regione Siciliana Nello Musumeci. “Altra priorità resta la riduzione della pressione sui Pronto Soccorso ospedalieri dei positivi o di quelli che temono di esserlo – ha aggiunto – Serve quindi più collaborazione da parte della medicina di base affinché si intervenga nel domicilio di chi ne ha necessità”.