Robinho condannato per stupro, appello conferma 9 anni 

Condanna confermata per Robinho. I giudici della prima sezione della corte d'appello di Milano hanno confermano la condanna per Robson de Souza Santos, in arte Robinho, ex attaccante del Milan, a nove anni di carcere per violenza sessuale di gruppo ai...

Condanna confermata per Robinho. I giudici della prima sezione della corte d’appello di Milano hanno confermano la condanna per Robson de Souza Santos, in arte Robinho, ex attaccante del Milan, a nove anni di carcere per violenza sessuale di gruppo ai danni di una ragazza, all’epoca dei fatti 22enne, avvenuta il 22 gennaio 2013 in una discoteca di Milano. Pena confermata, sempre a 9 anni, anche per il suo amico Ricardo Falco.  

La sentenza di primo grado è stata integralmente confermata: entrambi gli imputati sono stati condannati a versare in solido 60 mila euro alla vittima di origine albanese. La condanna costa anche a Robinho il contratto con la squadra brasiliana del Santos. 

I giudici hanno accolto la richiesta della pubblica accusa, rappresentata dal pg Cuno Tarfusser, che in aula ha sottolineato come “i fatti sono molto chiari. La corte non deve rischiare di cadere nella trappola che a forza di guardare l’albero non vede il bosco, ossia soffermarsi sui particolari e non guardare un quadro d’insieme che non lascia dubbi sulla colpevolezza”. La violenza, secondo le indagini, è stata consumata dall’ex calciatore rossonero, con altre cinque persone, quattro delle quali ancora irreperibili per la giustizia italiana. Secondo l’accusa, il gruppo avrebbe fatto bere la giovane fino al punto da renderla incosciente e poi l’avrebbero violentata a turno in un guardaroba di un locale notturno della movida. 

Quella sera la ragazza, che già conosceva il calciatore, si era ritrovata con il gruppetto e due amiche in un locale per festeggiare i suoi 23 anni. Ma, come si legge nel capo di imputazione, dopo che le sue due amiche se ne erano andate e l’ex attaccante del Milan aveva accompagnato a casa la moglie, il gruppetto le avrebbe offerto “da bere al punto da renderla incosciente ed incapace ad opporsi” all’abuso. Secondo la ricostruzione dell’accusa e in base alle conversazioni intercettate – inutilizzabili per la difesa dell’ex attaccante del Milan – non ci sarebbero dubbi che il gruppo abbia agito approfittando di “condizioni di inferiorità psichica e fisica”. 

Di diverso avviso la difesa che ha presentato quattro consulenze di parte: una tossicologica, una linguistica per mettere in dubbio le traduzioni delle intercettazioni, una sulle foto di quella serata conservate nel cellulare e una sorta di dossier per dimostrare la dimestichezza della giovane con l’alcol. Consulenze contestate dal pg, non solo per la tempistica con cui sono state presentate, ma che “rappresentano un insulto alla vittima e che non provano nulla, neanche la dimestichezza con l’alcol”. Le motivazioni della sentenza saranno rese note tra 90 giorni. 

 

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