“E’ difficile fare previsioni, ma le proiezioni e gli scenari sono importanti per pianificare al meglio gli interventi. Ebbene, sulla base dell’andamento del coronavirus in Cina e dei dati italiani, possiamo stimare uno scenario con picco a fine marzo e la fine del problema in Italia tra maggio e giugno”. E’ lo scenario tratteggiato all’AdnKronos Salute dal virologo dell’università degli Studi di Milano Fabrizio Pregliasco, che da anni monitora l’andamento della stagione influenzale nel nostro Paese.
Un quadro un po’ diverso da quello tratteggiato da uno studio della Ragioneria generale, e anticipato dalla stampa, che fisserebbe il picco al 16-17 marzo e per fine aprile l’uscita dal tunnel. “Nel caso di Covid-19 – avverte però Pregliasco – si tratta di un virus nuovo, ma l’esperienza cinese e quello che sta accadendo nelle ex zone rosse può dirci molto. Tra gli elementi che possono influire su questo scenario” per l’esperto “c’è l’icognita rappresentata dal resto d’Europa e dalla Gran Bretagna. Stiamo vedendo mancanza di coordinamento e azioni disomogenee, che possono rovinare quello che si sta facendo in Italia”.
“E’ necessaria – sottolinea il virologo – una stretta complessiva. Ma mi rendo conto che è difficile valutare il problema quando sembra ancora lontano, anche fisicamente. Un po’ come è accaduto al Centro-Sud quando c’era la zona rossa: non pensi che il problema sia tuo”.
Purtroppo il coronavirus non rispetta i confini, “e si sposta con le persone – ammonisce Pregliasco – Quindi le immagini di stadi pieni o la mancanza di interventi” drastici in altri Paesi europei non solo dimostrano che “non si è imparato nulla dall’esperienza cinese e italiana, ma suscitano preoccupazioni per l’effetto che potranno avere anche, di riflesso, su di noi”.