Covid, Cnn: “Da Cina cattiva gestione a inizio emergenza” 

La Cina non avrebbe diffuso, almeno nelle prime fasi dell’emergenza, i dati reali sull’epidemia di coronavirus, che si sarebbe inizialmente manifestato nella megalopoli di Wuhan, e avrebbe gestito male le prime fasi di quella che sarebbe poi diventata una pandemia. Lo sostiene la Cnn specificando di basarsi su informazioni contenute in documenti interni di cui, afferma, è venuta in possesso grazie a un ‘whistleblower’ (una fonte interna al sistema sanitario cinese) e che precisa di aver verificato con sei esperti indipendenti, aggiungendo di non aver ricevuto risposte dal ministero degli Esteri di Pechino, dalla Commissione sanitaria nazionale e dalla Commissione sanitaria di Hubei, di cui Wuhan è capoluogo. La Cina ha più volte negato le accuse di poca trasparenza e difeso la sua risposta all’emergenza. 

A un anno da quando il primo paziente noto mostrò i sintomi a Wuhan, secondo una ricostruzione delle prime fasi dell’epidemia pubblicata da Lancet, la Cnn cita un “rapporto contrassegnato come ‘documento interno da mantenere riservato’ in cui le autorità sanitarie della provincia di Hubei segnalano il 10 febbraio un totale di 5.918 nuovi contagi” (di cui 2.345 “casi confermati” e gli altri tra “diagnosticati clinicamente” e “sospetti”), più del doppio – sottolinea l’inchiesta ‘The Wuhan files’ – dei dati ufficiali sui casi confermati. 

Era il giorno in cui da Pechino il presidente Xi Jinping parlava di situazione “molto grave” e il giorno in cui le autorità sanitarie del gigante asiatico riportavano di 2.478 nuovi casi confermati in tutto il gigante asiatico. I dati, sottolinea la Cnn, fanno parte di una serie di “rivelazioni” contenute nelle 117 pagine di documenti ‘usciti’ dal Centro provinciale di Hubei per il controllo e la prevenzione delle malattie che aprono una ‘finestra’ su quanto avvenuto tra ottobre 2019 e lo scorso aprile. 

I documenti, puntualizza la Cnn, non sono prove di un “deliberato tentativo di offuscare quanto scoperto, ma rivelano varie incongruenze tra ciò che le autorità credevano stesse accadendo e ciò che è stato rivelato all’opinione pubblica”. Le “discrepanze più nette” emergono secondo la Cnn dai bilanci delle vittime riportati nei documenti: il 7 marzo il bollettino da Hubei parlava di un totale di 2.986 decessi, mentre nel “rapporto interno” vengono “segnalati 3.456 morti, di cui 2.675 decessi confermati, 647 ‘diagnosticati clinicamente’ e 126 ‘sospetti'”. Stando alle rivelazioni, inoltre, un documento di inizio marzo indicherebbe che passavano in media 23,3 giorni da quando un paziente mostrava i primi sintomi alla conferma della diagnosi. 

I documenti parlano anche di un’altra emergenza sanitaria esplosa lo scorso dicembre: la provincia di Hubei avrebbe fatto i conti con un’epidemia di influenza con un numero di casi 20 volte superiore rispetto all’anno precedente, un’epidemia diffusa non solo a Wuhan ma soprattutto nelle vicine città di Yichang e Xianning. Restano poco chiari, sottolinea la Cnn, l’impatto o le relazioni con l’epidemia di Covid-19. 

Oggi, secondo l’agenzia ufficiale cinese Xinhua, la Commissione sanitaria nazionale ha confermato quattro casi di trasmissione locale del coronavirus nella Mongolia Interna (che portano il bollettino ufficiale a 86.542 contagi con 4.634 decessi) e otto casi “importati” (per un totale di 3.866). I dati della Johns Hopkins University parlano di un totale di oltre 63 milioni di contagi a livello globale con più di 1,4 milioni di decessi. Gli Stati Uniti sono il Paese con il maggior numero di casi e vittime. 

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