di Ilaria Floris
“Si parte dalla caduta del governo gialloverde con Salvini, si attraversa il covid con Conte, si passa per le elezioni americane con Trump…e diciamo che anche il Papa ci ha messo del suo”. Federico Palmaroli da oggi in libreria con ‘Vedi de fa’ poco lo spiritoso. Il meglio (e il peggio) di un anno italiano’ (Rizzoli, pp. 168), racconta all’Adnkronos i temi e i personaggi ‘caldi’ del suo nuovo libro nel quale ripercorre, attraverso le sue ormai celebri vignette, le vicende che hanno animato, nel bene e nel male, l’ultimo periodo storico del nostro paese e non solo.
“Purtroppo nell’ultimo periodo non si è parlato d’altro che di covid, da marzo in poi tutte le vicende della politica hanno ruotato intorno a quello, e questo per la satira da un lato è un po’ un limite -spiega l’autore- I dpcm magari variavano un po’, ci sono state varie fasi ma come temi è stato un anno un po’ monotematico”. Fatto sta che però, complice sicuramente il pathos degli italiani incollati ai social su ogni notizia a tema covid, le vignette sull’argomento hanno ‘sbancato’, raggiungendo numeri impressionanti a livello di visibilità e di apprezzamento sui social.
“Quando ci sono i provvedimenti sulle chiusure, sugli orari, su misure che riguardano la propria libertà personale, beh cimentarsi su quello è un modo per vincere a mani basse -si schermisce Palmaroli- La vera difficoltà del fare satira politica è farla quando non c’è granché su cui parlare”. Tra le notizie che hanno avuto più appeal “sicuramente le vignette sulle dirette di Conte sono state tra le più gettonate, un po’ dramma, un po’ farsa -rivela l’autore- Ma anche molto la questione dei ristoranti, delle chiusure, dei limiti delle persone a tavola. Io lì mi sono sbizzarrito parecchio, perché parliamoci chiaro: se c’è una cosa che non ci devono toccà a noi italiani, è magnà! La domenica al ristorante è un po’ come se accumulassimo la frustrazione di tutta la settimana e la sfogassimo a tavola”.
Un esempio? La vignetta della stagione, quella che ha ‘vinto tutto’. Ritrae un cliente che entra in una pasticceria. “Volevo un vassoio di pasticcini”, dice l’uomo alla commessa. “Per quante persone?”, chiede lei, mentre dietro al bancone si vedono dei poliziotti in tenuta antisommossa, pronti ad intervenire se il cliente dovesse dire un numero superiore a ‘sei’. Insomma, il lockdown sembra aver scatenato ancor di più la creatività di Federico, anche se anche per lui non sempre è stato facile. “Il primo lockdown all’inizio l’abbiamo vissuto tutti come una novità, anche nella drammaticità. Ti ritrovi in una situazione mai vissuta prima, ed è ovvio che viene fuori la creatività. Poi dopo un po’ a me personalmente ha pesato. Questo è un problema per chi deve far ridere, quando magari hai dentro la morte”.
Palmaroli, che ha iniziato la sua carriera nei panni del santone ‘Osho’ inventando dal nulla un nuovo modo di fare comicità, inizialmente si occupava poco di politica e, quando accadeva, tra i bersagli preferiti c’era Paolo Gentiloni. “Assumeva pose incredibili, era per me grande fonte di ispirazione”, ricorda. Difficile trovare un ‘sostituto’, nel panorama sopravvenuto. “Poi dopo sono sopraggiunti i Cinque stelle, e non c’erano più quei politici che avevano quella autorevolezza che si presta molto alla satira”. Dovendo pensare ad un degno erede, “Tria mi dava molti spunti, quando veniva mandato allo sbaraglio in Europa”, dice Palmaroli.
In questo momento storico, più che di personaggi “parliamo di temi e, cercando la chiave dell’ironia in questa fase, le contraddizioni all’interno del governo sono sicuramente un filone comico -spiega Federico- Conte in primis perché è quello che si espone di più. Poi per carità. C’è sempre il Papa che ci sta mettendo del suo”, scherza. E sull’etichetta che dall’inizio gli hanno affibbiato i suoi ‘detrattori’, quella di comico ‘di destra’, l’autore non la manda a dire. “Io sono stato molto ingenuo all’inizio, anche se lo rifarei, nell’aver detto quali erano state le mie idee giovanili, cosa avevo votato alle prime elezioni. Non immaginavo il meccanismo che si sarebbe scatenato. Ma al di la delle simpatie politiche, a me non piace essere racchiuso dentro un’etichetta. Se dovesse andare al governo il centrodestra e comincerò a colpire l’opposizione, allora avranno avuto ragione”.
Ma Federico Palmaroli, nella vita, è una continua fucina di battute o, come nella più classica delle tradizioni, è un artista che tira fuori le sue malinconie? “Io in realtà posso sembrare serio, però poi sono un cazzone nella vita come vedete -scherza- ma una cosa è vera: come diceva Palazzeschi in un’opera che si chiama ‘Controdolore’, bisogna entrare nel tunnel del dolore per uscire nella luce della risata. E questo, almeno per quanto mi riguarda, è vero: maggiore è il grado di dolore che tu hai attraversato nella vita, più è facile che l’esplosione sia verso la risata”.