“Adottano provvedimenti folli, non possiamo cambiare regole ogni 3 settimane”. Così su Libero il governatore della Lombardia Attilio Fontana sulle restrizioni dell’ultimo Dpcm e le regole che dovremo adottare a Natale per contenere l’epidemia da Covid. “Dal punto di vista epidemiologico – afferma – non ha senso che sia considerato sicuro muoversi per le visite nel proprio Comune e sia definito pericoloso andare a trovare qualcuno che abita nel paese di fianco. Mi auguro che il Parlamento abbia un sussulto e sistemi questa norma, che mi sembra veramente una sciocchezza. Siamo ancora in tempo. Ho chiesto al premier Conte di intervenire”.
Dell’ultimo decreto, spiega il presidente lombardo, “non mi ha convinto innanzi tutto il metodo. Ci era stato detto che avremmo ricevuto una copia del Dpcm e che poi l’avremmo discussa e invece ci siamo visti recapitare un decreto nel cuore della notte, senza darci la possibilità di discutere. Se ci avessero ascoltato forse avremmo evitato delle storture palesi, come la decisione di vietare la circolazione tra le regioni a partire dal 21 dicembre. Come ho già detto, il rischio è che tutti partano il giorno prima e che si crei quel caos cui abbiamo assistito tra il 7 e l’8 marzo, quando furono istituite le prime zone rosse al Nord”.
“Non bisognava porre un termine per muoversi – prosegue Fontana -, perché non è quello il problema. Noi dobbiamo concentrarci sui comportamenti pericolosi: sugli assembramenti, sulla movida, sulla folla sui mezzi pubblici. In poche parole, il punto di riferimento deve essere il sovraffollamento. Se non c’è folla, non c’è problema. Invece condanniamo situazioni innocue e ne ignoriamo altre. Stamattina per esempio sono andato a fare la spesa in un supermercato a Varese. Forse lì bisognerà porre più attenzione, perché lì non c’è più controllo all’ingresso, si formano capannelli di persone. Queste cose vanno evitate”.
Riguardo i ristoranti chiusi a pranzo, “se rispettiamo le regole e si evitano affollamenti non li avrei chiusi”. Quanto a dividere l’Italia in zone rosse e gialle “per servire, serve tutto. È chiaro che se ci costringessero a rimanere in casa con l’esercito alla porta il contagio si ridurrebbe, ma il nostro obiettivo è trovare un equilibrio tra le esigenze economiche e sociali e quelle di contrasto all’epidemia. Nelle riunioni del governo ripeto sempre che non possiamo cambiare le regole ogni 2 o 3 settimane in base alla situazione. Non dobbiamo adeguarci al virus, ma programmare sul lungo periodo e trovare i percorsi giusti e quelli sbagliati “. Sulla difficoltà di reperimento del vaccino antinfluenzale in Lombardia, “sicuramente sono stati fatti degli errori, ma abbiamo cercato di recuperare e in linea di massima ci siamo riusciti. Purtroppo è una situazione difficile per tutto il Paese, perché tutti quelli che fino all’altroieri rifiutavano di vaccinarsi oggi giustamente lo chiedono. E le imprese farmaceutiche non erano attrezzate per affrontare una richiesta così alta. Di conseguenza ci sono stati ritardi in tutta Italia”.
Quanto ci vorrà per uscire definitivamente da questa crisi? “Bisognerà vedere quando e se riusciremo a completare questa campagna vaccinale contro il Covid – risponde Fontana -, perché sarà necessario coprire almeno il 75% della popolazione. A quel punto la battaglia sarà vinta. Però bisogna capire ancora tante cose. Se sarà un vaccino una tantum o se ci sarà bisogno di richiami periodici. Ci sono tanti aspetti che mi sembra debbano essere chiariti”. Passa poi a parlare di quella che definisce una “campagna mediatica contro di me: mi sono sentito più che altro offeso. Perché noi avremo sicuramente commesso degli errori, ma siamo stati anche i primi ad affrontare un’emergenza di questo genere. Io sono convinto che in politica il confronto possa essere duro. Ma non su un tema delicato come questo, non sulla morte della gente, non mistificando la verità. Questi sono i tre aspetti che mi hanno profondamente colpito. Sono stati superati i limiti della decenza umana”.
“Fin dall’inizio c’è stata tanta malafede – prosegue Fontana -. Un esempio: i numeri della provincia di Lodi erano praticamente identici a quelli della confinante provincia di Piacenza. Eppure una zona veniva descritta come il paradiso e l’altra come l’inferno. In realtà il problema non riguarda l’organizzazione territoriale, la prevalenza di strutture private sulle pubbliche e così via. Il virus è più forte di tutte queste cose. Invece hanno cercato di strumentalizzare un dramma che ha colpito la nostra comunità. Tanti hanno contestato la nostra sanità per cercare di mettere le mani su Regione Lombardia. Questa è la cosa più brutta”.
Riguardo le terapie anti Covid, “noi le abbiamo provate tutte afferma il governatore -, le nostre università ei nostri centri di ricerca hanno dato un grande contributo alla ricerca e ne sono nate proposte che devono ancora completare la fase di sperimentazione”. Un errore del governo è stato “la gestione iniziale. Quando non siamo stati messi sull’allerta. Quando sono state mandate le mascherine a Wuhan e stava per arrivare qui l’epidemia. Esistevano dei piani epidemici che sono stati secretati, vuol dire che qualcuno sapeva che stava per scatenarsi l’inferno. Se ci avessero detto solo un mese prima del caos che stava per succedere qualcosa di grosso ci saremmo attivati”.