Oggi si assiste ad un “divorzio tra etica e politica”. Lo denuncia don Luigi Ciotti, presidente di Libera, ricordando l’anniversario della strage di Capaci. “Giovanni Falcone – ricorda il sacerdote in una nota – diceva che la lotta alla mafia è una battaglia di legalità e di civiltà. Allora diciamo con forza che non basta scrivere le leggi nei codici se prima non le abbiamo scritte nelle nostre coscienze perché sono troppo le coscienze passive, un po’ addomesticate che trasformano la legalità in qualcosa di strumentale, malleabile, calibrata a seconda degli interessi”.
Avverte don Ciotti: “Rischiamo di fare della legalità, un idolo ma anche un uso sedativo perché la legalità è una di quelle parole che ti fanno sentire con la coscienza a posto e dalla parte giusta. E abbiamo visto nei fatti, purtroppo,che persone hanno usata per copertura, esibita come credenziali, usata come un lasciapassare. In questi anni si parlato molto di legalità dimenticando che senza civiltà cioè la giustizia sociale, i diritti, l’educazione, la cultura, le politiche sociali, il lavoro, la legalità resta una bella parola ma una parola astratta, una parola lontana. Prima di parlare di legalità dobbiamo riflettere , innanzitutto sulla responsabilità perché la responsabilità è la base della nostra libertà e della legalità”.
Don Ciotti sferza il mondo della politica: “Deve fare di più. La politica torni ad essere servizio al bene comune, affermazione dei diritti, riduzione delle disuguaglianza. La politica è l’etica della comunità. Oggi, però, devo dire che in molte realtà c’è un divorzio tra l’etica e la politica. Se Giovanni Falcone fosse ancora vivo e vedesse lo stato di salute delle mafie direbbe forse che saranno sconfitte solo quando tutti noi torneremo a essere più umani, più giusti, più responsabili, più coraggiosi per lottare per la ricerca della verità e della giustizia. Solo quando faremo della nostra Costituzione un’etica, una pratica di vita”.