“Stai a casa, il rischio è che l’ambulanza non riesca a venirti a prendere in tempo nonostante sforzi sovraumani”. E’ l’appello lanciato dal direttore generale dell’Azienda regionale emergenza urgenza (Areu) della Lombardia, Alberto Zoli, sulle colonne del ‘Corriere della sera’. Prima dell’emergenza sanitaria, spiega Zoli, “l’ambulanza arrivava in 8 minuti, adesso può capitare che ci metta anche un’ora e più. I mezzi in campo erano 400, oggi sono 500 per 30mila soccorritori. Ci aspettiamo altre 50 ambulanze in arrivo dal resto d’Italia”.
“Prima del Coronavirus – osserva Zoli – il 112 rispondeva in 3-4 secondi, ora è capitato anche in 20 minuti. Ci sono stati giorni con oltre 400mila chiamate, abbiamo formato operatori in quattro ore per aiutarci. Per essere più tempestivi abbiamo messo a punto un sistema nuovo, c’è una linea rossa del 118 sulla quale giriamo immediatamente i casi gravi poi un’altra linea che fa da filtro per i quelli dubbi. L’operatore ha 10 minuti di tempo per fare domande chiave, ‘quant’è la febbre, che tipo di tosse ha, come respira’. E’ un modo per far uscire le ambulanze solo quando serve”. Ma l’emergenza non riguarda solo le ambulanze in fila fuori dai pronto soccorso, anche gli ospedali “sono a loro volta strapieni – fa notare il capo di Areu -. Motivo per cui per sbarellare un malato impieghiamo anche 2 ore e mezza”. E i tempi si allungano anche per la sanificazione completa dei mezzi “che richiede fino a un’ora di lavoro prima del ripristino dell’operatività”. Zoli rinnova infine l’appello a non uscire di casa: “Se non arriviamo subito – ribadisce – il paziente può aggravarsi e morire. Ripetiamo: state a casa, altro che jogging, è una questione di vita o di morte”.