Perché così tanti morti di Covid-19 in Italia? La domanda che ossessivamente ci si pone di fronte a numeri come i 993 decessi registrati ieri non può avere una sola risposta. Ma “certamente su tutto questo ha un peso anche l’organizzazione di un Paese, la sua efficienza a ogni livello del sistema, l’armata anti-Covid di cui si può disporre, e persino la credibilità delle istituzioni”. Ne è convinto il decano dei rianimatori italiani, Luciano Gattinoni, oggi in forze all’università di Gottinga in Germania.
Lo specialista lo aveva scritto già in una lettera inviata a giugno a una rivista scientifica di settore, quella della Società europea degli intensivisti. Nella missiva, firmata con il collega Alberto Zangrillo, prorettore dell’università Vita-Salute San Raffaele di Milano, aveva invocato “una riflessione” sulle differenze in termini di lutti per cui piangere, per capire cosa non aveva funzionato quando l’Italia era stata investita dal primo tsunami Covid. Il messaggio: non dimentichiamo la lezione. Oggi si torna a commentare pesanti numeri a tre cifre. “La gravità di Covid-19 è la stessa – sottolinea Gattinoni all’Adnkronos Salute – il virus non è cambiato e gli umani che infetta non sono cambiati”.
Una premessa è d’obbligo, dice: “Il problema di questa terribile conta giornaliera è che vediamo un film in cui il video e il sonoro sono scollegati fra loro. E’ difficile farlo, perché non viene automatico, ma vanno sganciati i dati dei morti da quelli della stessa data relativi ai casi positivi, i tamponi eseguiti, i ricoveri. Questi 993 morti sono figli di quel che è successo un mese, a volte anche due mesi fa. E questa dissociazione temporale contribuisce alla confusione che stiamo vivendo. Il virus oggi circola meno di quanto non fosse in primavera scorsa, perché nel complesso le misure applicate hanno avuto l’effetto di diminuire le occasioni di contatto”.
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Cosa non sta funzionando? “Guardo all’ultimo Dpcm e un po’ lo intravedo, fra i rimandi a un articolo e a quell’altro, al comma bis e tris, è difficile orientarsi”. Ma non è questo il punto principale che mette in evidenza Gattinoni per provare ad analizzare il perché di così pesanti differenze, almeno in apparenza, sui tassi di mortalità Covid registrati nei vari Paesi. “I dati statistici vanno sempre letti con una certa attenzione”, puntualizza Gattinoni ricordando le possibili differenze anche nella definizione della mortalità per Covid, nei criteri e nel numero di tamponi fatti, nella circolazione effettiva del virus. “Ma volendo fare un paragone con la vicina Germania, alcuni aspetti saltano all’occhio”.
“In Germania, semplicemente – ragiona – l’organizzazione dell’armata anti-Covid è più efficiente. I tedeschi però spendono a testa duemila euro in più degli italiani per la sanità, hanno 13 infermieri per mille e noi solo 7, hanno un’organizzazione della medicina territoriale, ospedaliera e di terapie intensive diversa. Già a monte l’intervento diretto di un medico che va a visitare il malato ed è presente fa la differenza. E ci chiediamo perché ci sia questo divario? Guardiamo, per una parte, alla nostra sanità: la qualità delle cure non è diversa da quella che si trova in Germania, non è che lì in terapia intensiva ti curano meglio. Ma c’è un problema di organizzazione generale, di risorse. Certo, se ho meno contagiati ho meno morti. Ne faccio un discorso di efficienza del sistema Paese, che include anche la sanità”.
La genetica è una spiegazione che rischia di spostare il focus del problema, secondo Gattinoni. “Ci può essere senz’altro una componente genetica che fa sì che qualcuno si ammali più facilmente di altri per qualsiasi infezione. Ma non spiega tutto. Ci sono più variabili. E bisogna chiedersi serenamente perché, provare a rispondere a delle semplici e dirette domande, senza viverla come una partita di calcio”. Ci hanno provato Gattinoni e altri ad affrontare proprio questa riflessione, in un post sulla pagina Facebook ‘italo-tedesca’ La Colonia, perché “il paragone più frequente viene fatto con la Germania in cui il numero di morti per caso osservato è dell’1,5% contro il 3,6% dell’Italia e la mortalità per 100.000 abitanti è di 16 contro i nostri 81”.
Secondo la loro analisi, le differenze fra i due Paesi di giocano su: maggior numero di anziani (17% rispetto a 10%), finanziamento del sistema sanitario, struttura della medicina del territorio, struttura e numero degli ospedali e delle terapie intensive e loro accessibilità, personale infermieristico. Non è diverso invece “il personale medico”, neanche nei numeri, e la qualità delle cure. Basterà a spiegare il diverso accanimento di Covid-19? “Forse c’è anche l’attenzione verso le raccomandazioni. E i messaggi credibili che vengono lanciati ai cittadini”, conclude Gattinoni.