In Lombardia fino al 93% dei contagi nella seconda ondata di Covid-19 dopo il lockdown è stato di tipo domestico. E’ quanto emerge da un nuovo studio firmato da Carlo Signorelli, docente di Igiene e Sanità pubblica all’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano, e dal direttore generale della Prevenzione del ministero della Salute Gianni Rezza, pubblicato su ‘Acta Biomedica’, insieme a colleghi dell’Università di Pavia.
“Questo studio – spiega Signorelli all’Adnkronos Salute – mirava a identificare le dinamiche della trasmissione di Sars-Cov-2 attraverso l’analisi dei cluster e dei piccoli focolai rilevati dal sistema di sorveglianza della Regione Lombardia nel corso della seconda ondata epidemica”.
Confrontando i dati prima e dopo l’introduzione di misure restrittive (coprifuoco notturno, chiusura parziale di scuole e attività commerciali, smart working), “abbiamo osservato una significativa diminuzione delle infezioni nei luoghi di lavoro, in incontri sociali, bar, ristoranti e centri sportivi. Il contagio nelle scuole è diminuito dal 9,8% al 3,4%, negli ambienti ospedalieri e nelle case di cura è passato dal 5,2% al 2%. Ma le infezioni domestiche sono invece aumentate dal 72,8% al 92,7%”.
“Questi risultati suggeriscono che le misure di contenimento sono state efficaci nel controllare la circolazione del virus nella comunità ma non a livello familiare e potrebbero essere utili per futuri interventi, tra cui l’istituzione e l’utilizzo di strutture (Covid hotel) per l’isolamento delle persone contagiate”, scrivono i ricercatori.
“Sappiamo ora quantificare il rischio di trasmissione tra i membri della famiglia e durante le riunioni in casa. Un elemento di cui tenere conto – conclude Signorelli – Via via che passano i mesi impariamo che ci sono attività più o meno a rischio. E che anche misure meno drastiche rispetto a quelle della primavera scorsa sono efficaci” nel frenare la corsa del virus.