E’ morta Rossana Rossanda. La fondatrice del quotidiano ‘Il Manifesto’ si è spenta nella notte a Roma a 96 anni. La notizia della sua scomparsa è stata data dallo stesso quotidiano. “Ricorderemo la nostra fondatrice sul giornale in edicola martedì”, si legge sul sito.
Non ci sarà una camera ardente. “Invitiamo tutti coloro che vogliono partecipare e condividere il proprio affetto a scrivere a lettere@ilmanifesto.it Pubblicheremo tutto sul sito e sul giornale”, annuncia la direzione.
“Nella notte Rossana Rossanda ci ha lasciato. Non è una perdita scontata, in qualche modo attesa viste le sue gravi condizioni fisiche e l’età. E’, e resterà, una ferita aperta. Dopo l’ultima drammatica crisi economica de il manifesto alla fine del 2012, generazionale e politica, negli ultimi anni era tornata a scrivere e ad essere in qualche modo presente sul suo giornale”. Così il condirettore Tommaso Di Francesco in un editoriale dal titolo “Una indimenticabile luce che ci riguarda e che resta” sull’edizione online di “Il Manifesto”.
“Ora, come non mai, ci manca quello stile che voleva scendere nel profondo, mai contenta, quella irrequietezza e distanza critica ma sempre dedita alla vicinanza con i più giovani, quel rimprovero a non dimenticare le ragioni fondative della nostra esistenza nata per la crisi profonda dei modelli alternativi di costruzione del socialismo ma anche per il precipizio del modello capitalistico vincente – continua Di Francesco – Per noi che abbiamo lavorato con lei per 50 anni e che la consideriamo la nostra ‘matrice’, le sue parole serene e taglienti hanno attraversato e attraversano la nostra vita ogni giorno, alle prese con le notizie che arrivano da tutti i lati del mondo e dal Belpaese e che confermano una diffusa e generale crisi materiale e di senso, così profonda che rasenta la tragedia”.
“I tempi che si annunciano mostrano un futuro oscuro che rimanda ad epoche perfino più buie che Rossana aveva attraversato, sempre combattendo dalla parte degli ultimi, sempre attenta alla nascita dei nuovi, decisivi, movimenti – prosegue Di Francesco – C’era negli occhi di Rossana una indimenticabile luce che ci riguarda e che resta come insegnamento irrinunciabile: era quella di chi, non aspettando consensi e pubblicità, indaga il presente senza fingimenti e sempre con attitudine insoddisfatta. Era come se avesse sotto gli occhi la barra del tempo e il suo lieve ma inesorabile moto: era una comunista, lavorava per una società superiore ma non sfuggiva ai limiti del passato. Siamo all’altezza di quel rigore e di quella caparbietà necessaria?”.
“Rossana era unica. Ora giustamente tutti ricordano la sua importanza, non solo per la storia del Manifesto, per la politica e per la cultura contemporanea. Lei però non si omologava ai modelli intellettuali dominanti, era in disparte a vedere prima degli altri lo sviluppo dei processi sociali in corso e a prevederne i risultati – conclude Di Francesco – Trasmetteva durezza ed amore, un amore incommensurabile e più forte delle nostre scarse possibilità materiali. Era indipendente e libera nell’individualità e nella dimensione collettiva. Addio Rossana e per sempre”.
Una comunista ‘ingraiana’, una comunista ‘eretica’, portatrice di un pensiero critico e autonomo, non condizionato da opportunismi, espulsa dal comitato centrale del Pci con l’accusa infamante di “frazionismo”; un ‘mito’ per la nuova sinistra post-68, per la sua fondazione di ‘il manifesto’, la ‘signora rossa’ o forse molto più semplicemente una “ragazza del secolo scorso”, il Novecento, come amava definirsi e come scelse di intitolare l’autobiografia pubblicata da Einaudi nel 2005. Rossana Rossanda ha trascorso la vecchiaia a fare i conti con la sua storia privata e pubblica, di chi ha vissuto “la politica come educazione sentimentale”, interrogandosi, “senza indulgenze”, sulla vicenda del comunismo e dei comunisti “finita così malamente”.
Nata a Pola, in Istria (oggi Croazia) il 23 aprile 1924, quando il padre venne rovinato dalla crisi economica del ’29, Rossana Rossanda fu ospitata con la sorella Marina (poi medico e primario all’ospedale di Niguarda a Milano) a Venezia dagli zii. La famiglia si riunì a Milano nel 1937. Tra il 1937 e il 1940 frequentò il liceo classico ‘Alessandro Manzoni’ di Milano e anticipò di un anno l’esame di maturità. All’Università Statale di Milano fu allieva del filosofo Antonio Banfi, sostenitore di un razionalismo aperto e antidogmatico: il maestro di studi influenzò le sue scelte politiche, indirizzandola alla partecipazione alla Resistenza dalla fine del 1943 come giovanissima staffetta partigiana (con il nome di “Miranda”) e alla militanza nel Partito comunista italiano, a cui si iscrisse nel 1946. Del filosofo Banfi sposò il figlio Rodolfo (ma il matrimonio fu breve).
Consigliera comunale per il Pci a Milano, nel 1958 Rossana entrò nel comitato centrale del partito e grazie anche alla sua vasta cultura venne nominata dal segretario Palmiro Togliatti responsabile della sezione di politica culturale, che diresse dal 1963 al 1966. Nel 1963 venne eletta per la prima volta alla Camera dei deputati e poi di nuovo nella V legislatura.
Esponente di spicco dell’ala di sinistra interna maggiormente movimentista del Pci, legata alla figura dominante di Pietro Ingrao e proprio per questo denominata ‘ingraiana’, nel 1968, proprio nel bel mezzo delle dirompenti agitazioni studentesche ed operaie, Rossana pubblicò un piccolo saggio, intitolato “L’anno degli studenti” (De Donato), in cui esprimeva la sua adesione piena ed incondizionata alle rivendicazioni che gruppi e collettivi di sinistra – anche all’infuori dei circuiti del Pci – stavano portando avanti.
Con i compagni ingraiani Luigi Pintor, Valentino Parlato, Lucio Magri e Luciana Castellina fonda “il manifesto” (che dirige con Magri), gruppo politico e rivista mensile, nato dall’esigenza di elaborare la crisi del socialismo reale, sull’onda dei movimenti studentesco e operaio. Il primo numero vede la luce il 23 giugno del 1969. La rivista (diventerà quotidiano il 28 aprile 1971) assume posizioni in contrasto con la linea maggioritaria del partito (in particolar modo rispetto all’invasione sovietica in Cecoslovacchia, con l’editoriale uscito nel secondo numero intitolato “Praga è sola”). Il Comitato centrale del Pci del 24 novembre 1969 deliberò la radiazione dal partito per lei, Luigi Pintor e Aldo Natoli accusati di “frazionismo” e in seguito comminò sanzioni amministrative a Luciana Castellina, Lucio Magri e Valentino Parlato.
Contraria al socialismo reale dell’Urss, insieme a Luigi Pintor, Valentino Parlato e Lucio Magri contribuì alla nascita de “il manifesto”, che fu anche un partito, oltre che un quotidiano. Nonostante il parere contrario di Enrico Berlinguer, Rossanda fu radiata dal Pci a seguito del XII Congresso nazionale svoltosi a Bologna. Nel 1972 contribuì alla costituzione del movimento politico del ‘Manifesto’, che si presentò alle elezioni con una propria lista alla Camera ma non elesse alcun deputato, militando poi nel Partito di unità proletaria per il comunismo (Pdup, 1974-79), di cui fu co-fondatrice.
Editorialista di punta del quotidiano comunista “il manifesto”, Rossanda entrò ufficialmente nel comitato di direzione nel 1976 con Castellina, Pino Ferraris, Vittorio Foa e Parlato. Tra il 1979 e il 1985 Rossanda fu direttrice con Pintor per poi restare nel comitato editoriale fino al 1990. In seguito si dedicò soprattutto alla scrittura e alla riflessione sul movimento operaio e sul movimento femminista.
Rimasta editorialista di “il manifesto”, Rossanda nel 2006 si trasferì a Parigi con il giornalista polacco naturalizzato francese Karol Kewes (più noto come K.S. Karol, 1924 – 2014), suo compagno da lungo tempo diventato nel frattempo marito, osservando l’Italia dalla “giusta distanza”. Il 26 novembre 2012 lasciò il giornale a causa di un forte dissenso con il gruppo dirigente. Tornata in Italia a luglio 2018, dopo 12 anni vissuti nella capitale francese, Rossanda disse di aver trovato un paese “irriconoscibile, senza spina dorsale”.
Lunga e costante è stata la riflessione politica di Rossana Rossanda, anche di carattere politico-esistenziale, come testimoniano i libri più recenti pubblicati da Einaudi: l’autobiografico “La ragazza del secolo scorso” (2005), “Un viaggio inutile” (2008) e “Quando si pensava in grande” (2013). Il suo ultimo libro è “Questo corpo che mi abita” (Bollati Boringhieri, 2018). Tra i suoi libri figurano: “Le altre. Conversazioni sulle parole della politica” (Feltrinelli, 1979); con Pietro Ingrao “Appuntamenti di fine secolo” (manifestolibri, Roma 1995); con Filippo Gentiloni, “La vita breve” (Pratiche, 1996); con Carla Mosca, il libro-intervista all’ex terrorista Mario Moretti, “Brigate Rosse. Una storia italiana” (Anabasi, 1994).