Ora che ha poco più di due mesi per mettere insieme la sua squadra di governo, Joe Biden sa che sono due le priorità, collegate, a cui puntare: contrastare l’epidemia di coronavirus che ha negli Stati Uniti non ha mai rallentato il passo e mettere insieme un team economico in grado di confrontare la crisi economica e la disoccupazione scaturite dalla pandemia.
E per il primo fronte Biden, che già domani formerà una task force contro il Covid, sta pensando di creare una posizione speciale nella sua amministrazione per coordinare la risposta alla pandemia. Vi sono diversi nomi di possibili zar anti Covid, tra i quali Vivek Murthy e David Kessler, ex surgen general ed ex capo Fda dell’amministrazione Obama, ma Biden ha anche detto che vuole che Anthony Fauci, diventato il volto della lotta al Covid e sempre più in questi ultimi mesi in contrasto con Trump, abbia un ruolo nella sua amministrazione.
Mentre a capo del Tesoro, Biden potrebbe, secondo il toto nomine, mettere, per la prima volta una donna, Lael Brainard, ex sottosegretario dell’amministrazione Obama, dal 2014 nel board della Fed di cui ora è governor, con una posizione sempre contraria ad allentare i regolamenti bancari.
Nel caso che i repubblicani dovessero mantenere, dopo i ballottaggi in Georgia, la maggioranza al Senato, la sua nomina sarebbe molto meno politicamente abrasiva di quella di Elizabeth Warren, l’economista e senatrice che si era candidata alla Casa Bianca con un’agenda super progressista.
Ma Biden potrebbe anche dare ascolto alle pressioni che arrivano dal Congressional Black Caucus, che vorrebbero la nomina di un afroamericano come l’ex vice presidente della Federal Reserve, Roger Ferguson o l’investitrice Mellody Hobson, entrambi però poco digeribili per i progressisti per i legami eccessivi con il mondo delle corporation.
Anche per il Pentagono, Biden potrebbe fare la storia e scegliere per la prima volta una donna: Michele Flournoy, ex sottosegretario anche ai tempi della seconda amministrazione Obama era stata candidata all’incarico. Ed è apparso come una preparazione all’incarico, il rapporto scritto nell’estate dalla fondatrice del Center for a New American Security su come il Pentagono possa accelerare lo sviluppo nuove tecnologie per superare la Cina.
Viene dalle file dell’esercito l’altra donna che potrebbe diventare la prima ministro della Difesa: la senatrice di origine asiatica Tammy Duckworth, medaglia al valore in Iraq dove ha perso entrambe le gambe quando l’elicottero a bordo del quale si trovava è stato colpito da un missile. Infine, per il Pentagono è in lizza anche Jeh Johnson, ex segretario alla Sicurezza Interna ai tempi di Obama, che diventerebbe il primo ministro della Difesa afroamericano.
Per quanto riguarda il dipartimento di Stato, Biden ha due principali candidati: Antony Blinken, che è stato il suo consigliere per la Sicurezza Nazionale quando era vice presidente prima di diventare vice segretario di Stato, e Susan Rice, ex ambasciatrice all’Onu ed ex consigliere per la Sicurezza Nazionale. Anche Barack Obama voleva nominarla segretario di Stato al suo secondo mandato, ma poi aveva dovuto rinunciare vista la netta opposizione dei repubblicani, dovuta principalmente ai fatti di Bengasi.
Un’opposizione che potrebbe compromettere la nomina di Rice anche questa volta se i repubblicani dovessero mantenere il controllo del Senato. Blinken, invece, ha buoni rapporti in seno alla commissione Esteri che in caso dovrebbe confermarlo essendo stato direttore dello staff democratico.
Nell’amministrazione Biden potrebbe anche tornare John Kerry come zar per il Clima, con l’incarico specifico di far ritornare gli Stati Uniti nell’ambito dei negoziati degli accordi di Parigi, che l’ex candidato alla Casa Bianca aveva aiutato a raggiungere quando era segretario di Stato dell’amministrazione Obama e da cui Washington è appena ufficialmente uscita per volere di Trump.
Per l’incarico, però, Biden potrebbe anche puntare ad una figura di minore statura diplomatica ed internazionale, ma maggiore impatto politico interno come Jay Inslee, appena rieletto governatore dello stato di Washington che invoca una “piena mobilitazione degli Usa” contro il global warming.
Per quanto riguarda la guida dell’Environmental Protection Agency, l’ageneniza dell’Ambiente, i principali candidati, anzi candidate, sono Mary Nichols, California air regulator che da decenni è una leader del movimento ambientalista Usa tanto che è soprannominata “queen of green”, e Heather McTeer Toney, che è stata amministratore regionale dell’Epa negli stati del Sud durante l’amministrazione Obama. Toney, che è afroamericana e viene dal Mississippi, ora guida il gruppo Mom’s Clean Air Force.
Anche al dipartimento di Giustizia, una donna è in cima al toto nomine: Sally Yates, la procuratrice federale diventata attorney general ad interim al momento del passaggio di consegne tra amministrazione Obama e quella Trump che fu licenziata dal presidente per essersi rifiutata di difendere il travel ban da lui firmato subito dopo l’insediamento. Un altro nome che circola è quello di un altro procuratore federale licenziato da Trump, Preet Bharara, e di Doug Jones, senatore democratico appena sconfitto in Alabama.
Lisa Monaco, un’altra figura dell’amministrazione Obama dove era soprannominata “Dr Doom”, dottor catastrofe, per il suo ruolo nel dare le valutazioni sulle minacce terroristiche, viene considerata in pole position per tornare, da segretario, al dipartimento per la Sicurezza Interna. Un’altra donna potrebbe prendere il posto alla Cia di Gina Haspel, nominata da Donald Trump alla guida dell’agency: Avril Haines, che è stata vice direttore ai tempi di Obama e potrebbe anche diventare Director of National Intelligence.
Nei giorni precedenti alle elezioni, qualcuno ha fatto non solo il nome della Warren per il Tesoro, ma anche quello di Bernie Sanders come possibile ministro del Lavoro. Ed è stato scritto che l’anziano senatore del Vermont, sconfitto alle primarie da Biden, avrebbe direttamente espresso il desiderio di avere questo incarico. Ma il solitamente ben informato Axios ha sottolineato che Biden, soprattutto nel caso di una maggioranza al Senato ancora repubblicana, tenderebbe ad evitare nomine controverse come appunto quella del senatore ‘socialista’ diventerebbe al momento della ratifica.
Un ex candidato delle primarie invece che ha buone possibilità di entrare nell’amministrazione Biden è Pete Buttigieg, l’ex sindaco di South Bend, e reduce dell’Afghanistan, che potrebbe diventare ministro per i Veteran Affaris, il primo dichiaratamente gay. Ma il democratico che fa parte del transition team del presidente eletto, potrebbe anche essere il nome su cui Biden potrà puntare per ricostruire i rapporti degli Usa con la comunità internazionale, nominando il 38enne, che parla sette lingue, tra le quali anche l’italiano, come ambasciatore all’Onu. Una nomina che sicuramente aiuterebbe Buttigieg a rafforzare le sue credenziali in politica estera in vista di una sua possibile nuova corsa per la Casa Bianca.