Fondazione SIU addestra in “real life” gli urologi del Burkina Faso

Oltre ad aver fornito l’addestramento necessario ad operare in endoscopia, Fondazione SIU ha anche donato un nuovo laser per curare l’iperplasia prostatica

Oltre 60 interventi per calcolosi e Iperplasia Prostatica Benigna (IPB) eseguiti in affiancamento dall’inizio del 2018 nel corso di 4 missioni umanitarie, formando i medici locali all’impiego delle più innovative tecniche laser, che consentono di ridurre i rischi di complicanze durante e dopo l’operazione. Grazie all’impegno della Fondazione nel progetto “SIU for Africa”, è stato creato nel continente africano il primo centro in grado di eseguire interventi di chirurgia urologica mininvasivi con laser Olmio e Tullio.

Un vero e proprio “training on the job” condotto in condizioni di vita reale, su pazienti complessi e in zone disagiate, con l’obiettivo di trasferire ai medici del posto una metodica innovativa di intervento endoscopico per l’Iperplasia Prostatica Benigna (IPB), che sfrutta i vantaggi della chirurgia mininvasiva con laser al Tullio, particolarmente utile in situazioni “estreme”.

È questo il tratto distintivo dell’ultima missione umanitaria condotta dalla Fondazione SIU Urologia Onlus in Africa a fine novembre, che ha permesso di eseguire 20 interventi in 4 giorni e ha visto i chirurghi locali operare in autonomia già dopo una settimana di addestramento intensivo. Un nuovo importante traguardo messo a segno in Burkina Faso dagli urologi italiani, che hanno portato all’Ospedale Saint Camille di Ouagadougou il laser Tullio Cyber TM, donato dall’azienda varesina Quanta System.

Fondazione SIU è da tempo impegnata nella prevenzione e cura delle malattie urologiche anche nel Terzo Mondo, promuovendo iniziative no profit volte al benessere della popolazione e alla formazione dei medici.

“Quest’anno – spiega il professor Luca Carmignani, Presidente della Fondazione e Responsabile Unità Operativa di Urologia dell’IRCCS Policlinico San Donato – abbiamo abbracciato un progetto in Burkina Faso, un Paese che versa in condizioni di estrema povertà. A differenza di altre missioni umanitarie, il nostro scopo non è tanto quello di recarci in Africa per operare, ma per insegnare ai chirurghi locali a intervenire autonomamente per via endoscopica, affiancandoli in sala operatoria con l’obiettivo di formarli e trasferire loro le competenze necessarie, mediante l’ausilio di una tecnologia ad altissimo livello che, ancora oggi, pochi centri in Europa possono vantare”.

Grazie alle donazioni dell’azienda Quanta System, Fondazione SIU ha potuto dotare l’Ospedale di Ouagadougou dapprima di un laser a Olmio, in grado di polverizzare i calcoli delle vie urinarie, e ora di un laser al Tullio, creando un presidio sanitario all’avanguardia che diventerà punto di riferimento in Burkina Faso per il trattamento mininvasivo della calcolosi e della IPB.

La calcolosi è un problema molto frequente in Burkina Faso, a causa delle particolari condizioni ambientali: caldo, cattiva qualità dell’acqua e disidratazione fanno sì che i medici locali si trovino spesso a dover gestire casi di calcolosi complessa. L’ Iperplasia Prostatica Benigna, invece, è una patologia maschile tra le più diffuse negli over 50. L’aumento volumetrico della ghiandola prostatica può causare un ostacolo al deflusso dell’urina fino alla ritenzione acuta, con posizionamento di catetere vescicale. In mancanza di cure adeguate, i pazienti nei Paesi in via di sviluppo sono esposti ad un elevato rischio infettivo fino alla setticemia, dovuto alla presenza di catetere vescicale.

“Esiste un metodo per trattare l’Iperplasia Prostatica di facile applicazione e che, per la sua semplicità, può essere trasmesso anche nei Paesi più disagiati, con una rapida curva di apprendimento”, prosegue Carmignani. “Abbiamo insegnato ai chirurghi locali ad eseguire la vaporizzazione della prostata con laser Tullio Cyber TM. Questa tecnica (ThuVAP), per le sue caratteristiche di mininvasività e i vantaggi che offre, risulta particolarmente indicata in condizioni limite e garantisce una maggiore sicurezza ai pazienti: abbatte infatti il rischio di complicanze e sanguinamenti durante l’intervento, causa minori sintomi irritativi nel post-operatorio e consente di rimuovere il catetere già il giorno successivo, scongiurando così il rischio di infezioni, estremamente elevato nei villaggi dove le condizioni igieniche sono scarse. Se, nei Paesi occidentali, questa procedura innovativa migliora la qualità di vita, in situazioni critiche come quelle in cui gli urologi africani sono costretti ad operare – senza disponibilità di trasfusioni, in caso di emorragie, né di antibiotici – fa davvero la differenza e può salvare vite umane”.

Dall’inizio dell’anno, la Fondazione SIU si è recata 4 volte in missione in Burkina Faso, con una équipe composta da 4 urologi e 3 specializzandi; la quinta spedizione umanitaria partirà a gennaio 2019.

Presso l’Ospedale Saint Camille, sono stati eseguiti oltre 60 interventi per calcolosi e IPB. Sono stati formati 2 chirurghi locali, che diventeranno i principali esperti nel Paese per l’endoscopia urologica. Grazie alla strumentazione portata direttamente dall’Italia, inoltre, sono state attrezzate 2 sale operatorie, offrendo possibilità terapeutiche all’avanguardia, fino a poco tempo fa difficilmente immaginabili nel continente africano.

“L’esperienza in Africa è stata per noi molto significativa e umanamente appagante”, commenta il dottor Pietro Acquati, Consigliere della Fondazione SIU e medico dell’équipe di Urologia dell’IRCCS Policlinico San Donato. “Il risultato più importante è senza dubbio essere riusciti, in breve tempo, a formare i chirurghi locali ad eseguire interventi endoscopici per calcolosi e IPB, grazie all’ausilio delle tecnologie laser più moderne e mini invasive; avevamo degli obiettivi precisi e li abbiamo raggiunti, tanto che i medici dell’Ospedale Saint Camille sono stati in grado già di intervenire in totale autonomia. Questa rappresenta, per noi, la soddisfazione più grande ed è ciò che la nostra missione si prefigge anche in futuro: migliorare sempre di più le competenze del personale sanitario autoctono, consentendogli di operare in piena sicurezza, indipendentemente dalla nostra presenza sul posto, e garantendo in caso di necessità una consulenza a distanza, tramite telemedicina”.

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