Genetista Novelli, ‘con ‘taglia e cuci’ premio Nobel al Dna come farmaco’ 

"Il Dna come farmaco è diventato realtà attraverso il 'taglia e cuci' premiato con il Nobel". A dirlo all'Adnkronos Salute è Giuseppe Novelli, genetista dell'Università di Roma Tor Vergata, commentando il Premio Nobel per la Chimica a Emmanuelle Charpentier e Jennifer...

“Il Dna come farmaco è diventato realtà attraverso il ‘taglia e cuci’ premiato con il Nobel”. A dirlo all’Adnkronos Salute è Giuseppe Novelli, genetista dell’Università di Roma Tor Vergata, commentando il Premio Nobel per la Chimica a Emmanuelle Charpentier e Jennifer Doudna per aver contribuito a riscrivere il codice della vita. 

“Tutti i laboratori del mondo si occupano di Dna oggi: per leggerlo, per decifrarlo, per analizzarlo, per utilizzarlo, per smontarlo, per ricomporlo e trasferirlo da una cellula a un’altra o da una specie ad un’altra. Jennifer Doudna e i suoi colleghi hanno scoperto un modo semplice, ma rivoluzionario per ‘scrivere’ e correggere il Dna: l’editing genetico. Il principio – spiega Novelli – è quello di correggere le mutazioni del Dna in maniera permanente utilizzando la tecnica del ‘taglia e cuci’ nella quale una specifica sequenza del Dna cellulare viene direttamente modificata all’interno del nucleo. L’evento di modificazione si ottiene sostanzialmente introducendo all’interno delle cellule una sequenza esterna di Dna (normale), in grado di riconoscere in maniera specifica quella target (mutata) e apportare una specifica conversione”.  

Questa metodica, inizialmente applicata per crealizzare topi transgenici, “è stata in seguito adattata per protocolli di terapia genica di malattie ereditarie, quindi per ristabilire un fenotipo normale, alterato in seguito alla presenza di un gene difettoso. In questo modo – prosegue il genetista – si fornisce alle cellule l’esatta informazione genica, ristabilendo la normale struttura e il corretto funzionamento della proteina nelle cellule mutate”.  

I vantaggi in protocolli di terapia genica sono diversi. “La correzione del difetto – sottolinea Novelli – avviene in modo specifico al locus genomico difettoso, quindi può essere applicata nella cura di tutte le malattie genetiche, indipendentemente dalle dimensioni del gene. La correzione è permanente e permette di conservare l’integrità del gene, cioè mantiene invariate gli ‘interruttori’ del gene stesso, lasciando perciò inalterati i meccanismi di regolazione”.  

La svolta “è avvenuta nel 2013, quando ricercatori americani e francesi scoprirono un sistema di degradazione del Dna estraneo (ad esempio di virus) nei batteri: il sistema Crispr/Cas9. Questo sistema si comporta come una sorte di sistema immunitario dei batteri che riconosce un Dna estraneo e lo distrugge. La chiave di volta è stata proprio la disponibilità delle proteine del sistema Crispr/Cas9, che hanno fornito” precisione, velocità ed efficacia. 

I campi di applicazione del gene editing “sono innumerevoli in tutti i campi della medicina e della biologia – continua Novelli – Il sistema Crispr/Cas9 è stato usato per studiare per esempio la funzione di singoli geni, eliminandoli dal genoma di una forma di vita e quindi valutando gli effetti a cascata di ogni singola modificazione. Oppure per modificare microrganismi in modo che producessero biosostanze utili come il biocarburante, o per produrre organismi di interesse zootecnico o agricolo, cambiando i geni con altri, presi da varietà differenti”.  

“Per le malattie rare, ritenute incurabili, potrebbe essere il sogno sperato: modificare il gene difettoso e ripristinare la funzionalità cellulare. Ma Crispr/Cas9 potrebbe essere impiegata con successo anche nei tumori e nelle patologie croniche degenerative come l’Alzheimer, il Parkinson, il diabete. Nel mio laboratorio – conclude il genetista -stiamo sperimentando Crispr/Cas9 per correggere in vitro cellule di pazienti affette da malattie rare come la distrofia miotonica o la progeria di Hutchinson-Gilford, dopo averle trasformate prima in embrionali per ricapitolare la storia biologica della malattia e trovare nuovi farmaci”.  

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