Il chirurgo di Luca, 8 mesi, Covid-positivo: “In sala operatoria come astronauti”  

di Paola Olgiati Se da ragazzini avessero sognato la Luna come i protagonisti delle missioni Apollo, la notte in cui al Policlinico di Milano hanno operato al cervello il piccolo Luca, il neurochirurgo Marco Locatelli e i suoi colleghi quel sogno lo...

di Paola Olgiati 

Se da ragazzini avessero sognato la Luna come i protagonisti delle missioni Apollo, la notte in cui al Policlinico di Milano hanno operato al cervello il piccolo Luca, il neurochirurgo Marco Locatelli e i suoi colleghi quel sogno lo avrebbero realizzato almeno in parte. “Siamo entrati in sala operatoria con una tuta da astronauta: doppi camici, calzari, passamontagna, mascherine, tripli guanti”. Un’impresa qualunque movimento, “anche solo mettere il nodo a un punto” di sutura, racconta all’Adnkronos Salute Locatelli, fra gli autori dell’intervento record eseguito questo mese sul bimbo di soli 8 mesi, nato con idrocefalo e risultato Covid-positivo insieme alla sua mamma. Un’operazione da primato, descritta non a caso sulle pagine di ‘The Lancet’.  

L’intervento che ha salvato Luca (nome di fantasia), spiega il ‘camice verde’, 48 anni, “per chi fa neurochirurgia, in particolare pediatrica, è assolutamente routinario. Sempre delicatissimo, trattandosi di un bambino tanto piccolo, ma che siamo abituati a fare a tutte le ore del giorno e della notte. Ritrovarci a eseguirlo d’urgenza in piena emergenza coronavirus, con lo stesso paziente positivo a Sars-CoV-2, ha reso tutto nuovo e più complicato”. Nato con idrocefalo, e già operato per questa malattia, Luca è dovuto tornare ‘sotto i ferri’ nell’ospedale meneghino perché le valvole posizionate nel suo cervello per ridurre i liquidi in eccesso avevano smesso di funzionare. “Così abbiamo dovuto rioperarlo due volte – ricorda Locatelli – La seconda a notte fonda. Siamo entrati in sala verso le 23.30 e abbiamo finito alla 1.30-2, aspettando poi che il bimbo si svegliasse” e che tutto fosse andato per il meglio. 

“La confusione, l’incertezza di quei giorni convulsi – testimonia il medico – riempiva di variabili inedite il fatto di dover effettuare un intervento di questo tipo”. E’ andata bene, con Luca che oltre alla complicanza e all’operazione ha superato anche Covid-19. “E’ stata una grande soddisfazione e lo dico senza retorica – sottolinea Locatelli – Soprattutto averlo visto nei giorni successivi, avere saputo che era passato anche il virus e che il bambino era entrato in riabilitazione, è stata veramente una gran gioia”.  

Quando i genitori di Luca hanno portato al Pronto soccorso del Policlinico di Milano il loro bimbo, rispetto ai segni tipici del nuovo coronavirus lui e la sua mamma “erano poco sintomatici – riferisce Locatelli – Il piccolo aveva giusto un po’ di raffreddore, una cosa molto modesta, che in un’altra epoca si sarebbe attribuita al massimo a una lieve influenza”. Ma ai tempi di Covid-19 cambia tutto: Luca “è arrivato, c’è stato il sospetto” di una possibile infezione da Sars-CoV-2 “ed è stato fatto il tampone, al quale comunque chi arrivava al Pronto soccorso veniva sottoposto così da non rischiare di infettare gli altri ed essere avviato a un percorso definito”.  

Appresa la positività del bambino “ci siamo fatti un sacco di domande e di valutazioni”, ma intervenire era urgentissimo e così Locatelli è entrato in sala operatoria “insieme al collega neurochirurgo Giorgio Carrabba, a uno specializzando che è stato bravissimo – evidenzia il medico – più gli anestesisti e il personale di sala”. Tutti bardati e protetti “come astronauti”, secondo quanto prescrivono le rigorose procedure da seguire per la pandemia in corso. Lunghi riti di vestizione e svestizione, disposizione in aree distinte per eseguire ognuno il proprio compito in massima sicurezza.  

“Per immortalare il momento ci siamo scattati una foto”, sorride il neurochirurgo. “E’ stato un periodo talmente strano”, aggiunge. “Tutti abbiamo fatto i turni anche nei reparti più in prima linea, abbiamo cercato di dare una mano come potevamo e abbiamo imparato tantissimo. Professionalmente, ma soprattutto umanamente”.  

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