La ‘Casaleggioexit’, potremmo definirla così. E la strada che porterebbe Davide Casaleggio a diventare ‘fornitore di servizi’, dunque figura esterna al Movimento, abbandonando gradualmente, un passo alla volta, il ruolo di colui che è considerato a tutti gli effetti detentore delle chiavi della piattaforma dove gli attivisti grillini possono esprimere il loro voto. La exit strategy consentirebbe, in sintesi, di continuare a garantire a Milano il pagamento dei 300 euro mensili chiesti a parlamentari e consiglieri regionali, ma con una nuova formula. Staccandosi, appunto, un passo alla volta. E sedando in parte i malumori degli eletti.
Dal quartier generale di Milano tutto tace: Casaleggio non rilascia dichiarazioni alla stampa. Almeno per ora. Ma fonti interne al Movimento raccontano all’Adnkronos di una proposta che il presidente dell’Associazione Rousseau avrebbe formalizzato già da qualche settimana, mettendola nero su bianco e indirizzandola al capo politico del M5S, Vito Crimi.
I vertici pentastellati l’avrebbero tuttavia considerata sostanzialmente irricevibile: troppe incognite, a partire dalla valutazione, non secondaria, di una richiesta economica giudicata eccessivamente onerosa. C’è chi sostiene, ad esempio, che nel ‘computo’ di quanto corrispondere per il servizio Rousseau, Casaleggio abbia considerato per i parlamentari il numero totale degli eletti, nonostante tra Camera e Senato i 5 Stelle abbiano perso da inizio legislatura ben 40 parlamentari, ovvero 23 deputati e 17 senatori. Per non parlare dell’emorragia nei consigli regionali.
Ma il problema non sarebbe soltanto questo. C’è chi fa notare che i gruppi di Camera e Senato, nonché quelli M5S nei Consigli regionali, non dispongono di casse tali da garantire uscite costanti e certe. Chi, è inoltre una delle domande che rimbalza, firmerebbe il contratto con Casaleggio-fornitore?
Della formula di ‘gestore esterno’ si era già parlato, come raccontato dall’Adnkronos, nella riunione ristretta che i big del Movimento -Luigi Di Maio, Vito Crimi, Alfonso Bonafede, Stefano Buffagni, tra gli altri- ebbero a inizio settembre a via Arenula, nella sede del ministero della Giustizia dietro la ‘regia’ del Guardasigilli. Ma era soprattutto una riflessione interna, una formula immaginata per avviare consensualmente una separazione che si annuncia difficile, da guerra dei Roses. Ora invece, stando a voci interni al Movimento, pare che una proposta di Casaleggio in questa direzione ci sia, per quanto difficilmente digeribile.
E chissà che non sia stata uno dei temi al centro dell’incontro tra Beppe Grillo e Davide Casaleggio, la settimana scorsa a Marina di Bibbona. Dietro al rapporto dei due big del Movimento, non sempre idilliaci, girano ricostruzioni che fotografano il clima di fuoco interno al Movimento. In molti, infatti, hanno notato come nel blitz di Casaleggio sui parlamentari morosi il presidente dell’associazione Rousseau abbia fatto un esplicito riferimento allo ‘scudo della rete’, annoverato tra i servizi da sospendere in caso di mancate entrate. Si tratta, in sintesi, del ‘tesoretto’ messo da parte da Rousseau in difesa di iscritti ed eletti del MoVimento 5 Stelle dalle cause legali intentate contro di loro. E molti, nel M5S, fanno notare come tra i più bersagliati sul fronte giudiziario ci sia proprio Grillo.