Farmaci biologici, tradizionali e small molecules sempre più in prima linea per la cura delle malattie reumatiche, in particolare dell’artrite reumatoide: di grande efficacia, tollerabili, facili da somministrare e dal profilo di sicurezza sempre più noto, come emerso durante l’ultimo Congresso europeo di reumatologia Eular2020 (European League Against Rheumatism). Non importa con quale farmaco si comincia la terapia, l’obiettivo per il reumatologo è raggiungere quella che tecnicamente viene definita “remissione clinica”. Un traguardo a cui aspirano 5 milioni di italiani afflitti da oltre 150 malattie reumatiche, secondo la Società italiana di reumatologia, e che è al centro di una campagna social promossa dall’Associazione nazionale malati reumatici (Anmar).
La più comune, l’artrite reumatoide, si caratterizza per infiammazione cronica generale, ma colpisce soprattutto le articolazioni di mani e piedi e compare in soggetti giovani, tra i 40 e i 60 anni. In Italia ne soffrono 300mila persone, in prevalenza donne, nel pieno della vita attiva. Ecco perché riuscire a intercettare in tempo la malattia vuol dire evitare l’invalidità e vivere una vita normale. “Quello della remissione – afferma Carlo Selmi, responsabile Reumatologia e Immunologia dell’Irccs Humanitas – è certamente l’obiettivo più ambizioso in quanto può essere definito come una assenza totale di sintomi (come se la malattia non ci fosse), anche se spesso dalla definizione giudicata dal medico sfuggono sintomi come il dolore o le deformità che non possono beneficiare completamente della terapia”.
“Le raccomandazioni europee e americane per l’artrite reumatoide, forse la malattia in cui la remissione è stata definita meglio – prosegue lo specialista – pongono come obiettivo ideale a cui tendere con qualsiasi trattamento la remissione. Raggiungere questo obiettivo significa permettere al paziente di fare una vita normale, anche se l’obiettivo può venir meno nel tempo e nessun trattamento permette una guarigione dall’artrite reumatoide”. Essenziale è arrivare presto alla diagnosi e alla terapia. “Oggi – prosegue Selmi, docente di Humanitas University – sappiamo bene che i primi mesi sono importanti per una massima risposta a qualsiasi terapia e per prevenire le erosioni, ovvero i danni irreversibili all’osso”.
“I pazienti reumatologici sono straordinariamente competenti – sottolinea Selmi – e sono sempre più attivamente coinvolti nella scelta di una terapia, grazie a informazioni puntuali ottenute da fonti autorevoli come l’Associazione nazionale malati reumatici. Non a caso, in pochissimi hanno sospeso le terapie durante la pandemia da Covid-19 e questo indica che i messaggi delle società scientifiche che raccomandavano appunto di proseguire erano giunti a destinazione”.
Gli esperti non hanno dubbi: con le nuove terapie è possibile prevenire l’invalidità, migliorare la qualità di vita del paziente, evitare la disabilità lavorativa e aumentare l’aspettativa di vita. “Quattro obiettivi – evidenzia ancora lo specialista Humanitas – che si deve cercare di raggiungere con i mezzi oggi disponibili perché sappiamo che fermare l’infiammazione, e quindi portare a remissione, previene l’avanzamento della malattia e di conseguenza migliora le capacità personali e lavorative. Inoltre, siamo a conoscenza del fatto che bloccare l’infiammazione annulla anche quello svantaggio legato alle malattie di cuore che si associa all’artrite reumatoide”.
Il traguardo della remissione, però, è condizionato da una stretta collaborazione fra paziente e medico. Proprio per sottolineare l’importanza del ruolo dei malati, l’Anmar promuove la campagna ‘Obiettivo remissione’, al via dal 25 giugno su tutti i canali social della onlus. “La remissione, che sta a indicare un miglioramento, non è mai indice di guarigione – tiene a precisare Silvia Tonolo, presidente di Anmar, 21 sedi regionali e 20mila associati – Può essere transitoria e ha durata variabile. Per i malati reumatici, ancora oggi purtroppo è una parola sconosciuta perché poco trattata dal proprio medico di riferimento. Da un nostro sondaggio condotto nel dicembre 2019, infatti, emerge che il 26% dei pazienti non sa affatto cosa significhi remissione. Da qui l’idea della campagna, che nasce dalla necessità di capire se i pazienti reumatologici siano a conoscenza del significato di remissione e degli effetti positivi che essa può avere sulla qualità della vita”.
Oltre ad una landing page sul sito di Anmar con tutte le informazioni sulla remissione, annuncia Tonolo, “abbiamo realizzato una brochure nel formato di carta che si potrà scaricare dal sito anche in versione pdf e un video in grafic novel in cui verranno spiegati in termini semplici i caratteri fondamentali della remissione. L’iniziativa è indirizzata in particolare ai pazienti, ma anche ai medici perché possano parlare di speranza e aiutare il paziente a essere più positivo ed esperto”.
“Tuttavia a malattia c’è, anche quando il paziente si sente meglio. In molti, rincuorati, scelgono sempre più spesso di abbandonare la terapia. Un errore assolutamente da evitare – ammonisce la presidente dell’associazione pazienti – per non ricadere nella riacutizzazione della malattia. Non a caso, dal sondaggio condotto da Anmar emerge che solo il 45% dei pazienti ha sentito parlare di remissione dal proprio medico, e più della metà dei pazienti ne è venuto a conoscenza da un altro paziente o da un familiare”.
Tra le nuove opzioni terapeutiche, oltre ai farmaci biologici, troviamo le small molecules. Tra queste c’è upadacitinib, oggetto di diversi studi presentati a Eular2020. “E’ un momento di grandi novità per il trattamento dell’artrite reumatoide – commenta Selmi – Il maggior progresso di questi ultimi anni è rappresentato dai farmaci orali, le cosiddette piccole molecole, che hanno permesso un trattamento rapido dell’artrite reumatoide ottenendo in molti casi la remissione”.
“Mentre i farmaci biologici sono diretti contro le citochine, ovvero i mediatori dell’infiammazione – precisa l’esperto – queste molecole hanno come bersaglio i cosiddetti Jak, ovvero i mediatori dell’infiammazione all’interno delle cellule del sistema immunitario. Upadacitinib, approvato da Ema lo scorso dicembre, presenta la caratteristica diversa dai predecessori (tofacitinib e baricitinib) di essere specifico per un solo Jak, il Jak1”.
“Tre studi a cui abbiamo collaborato anche noi di Humanitas – riferisce Selmi – hanno raccolto molta attenzione durante Eular. Il primo studio ha confermato l’efficacia nell’ottenere la remissione dopo 84 settimane di terapia senza methotrexate in pazienti che non avessero ancora ricevuto un biologico. Il secondo è frutto di un confronto testa a testa con abatacept, un farmaco biologico già in uso da anni nell’artrite reumatoide, da cui upadacitinib è uscito superiore nell’ottenere la remissione nel 30% dei pazienti trattati che avessero già ricevuto un biologico, quindi con una malattia verosimilmente più aggressiva. Il terzo dato ha riguardato il profilo di sicurezza del farmaco, specialmente per quanto riguarda le infezioni”.