Dopo mesi di pax costruita dalla segreteria di Nicola Zingaretti, ieri è andata in scena una dialettica interna ai dem che non si vedeva da po’. Le lettere partite dai gruppi. Al Senato e alla Camera. La prima un’operazione più strutturata che vede in gioco anche il ruolo di capogruppo di Andrea Marcucci, spesso giudicato ‘fuori linea’ rispetto al Nazareno e più in linea con gli ex-compagni di partito ora in Italia Viva, e che ieri con quei 25 senatori su 35 ha ‘contato’ e fatto pesare il suo consenso a palazzo Madama.
Alla Camera le cose sono andate un po’ di riflesso con quello che è accaduto al Senato ma con numeri molti più contenuti: una trentina di firme (su 90 deputati) e non si conoscono i nomi dei sottoscrittori. E il capogruppo Graziano Delrio non ha dato seguito alla cosa, mentre Marcucci si è rivolto a Conte per chiedere la modifica delle misure del dl Natale sulla mobilità tra i comuni, ‘casus belli’ del caso scoppiato ieri. Insomma, a Montecitorio un contesto diverso, ma il segnale che una parte minoritaria del gruppo è in fibrillazione.
Un’insofferenza che non riguarda i vertici dem, si spiega in ambienti parlamentari. Nel mirino c’è il governo, il premier Giuseppe Conte e in parte il capodelegazione Dario Franceschini. Per la scarsa considerazione delle richieste dei gruppi, si spiega. Il caso delle misure anti Covid per le festività natalizie -nello specifico appunto lo stop alla mobilità tra i comuni nei superfestivi- viene inquadrato come un ulteriore episodio in cui le sollecitazioni dei gruppi non vengono ascoltate.
“C’è un tema di confronto e di giusta considerazione da parte del governo. Non si può far finta che le richieste dei gruppi non esistano o addirittura banalizzarle e derubricarle. Noi siamo qui in prima linea a farci carico della tenuta della maggioranza ogni giorno. Con tensioni evidenti, a partire dal Mes. Sarebbe importante ci fosse un maggiore dialogo, riconoscimento e comprensione”, dice uno dei sottoscrittori delle lettere di ieri che chiede di non essere citato perché “non vogliamo alimentare ulteriori tensioni”.
A sottoscrivere le lettere sono stati alcuni parlamentari di Base Riformista, qualcuno dell’area Martina e dei Turchi di Matteo Orfini. “Io non ho firmato – spiega Orfini all’Adnkronos – ma alcuni dei miei sì perché condividevamo il merito della richiesta ovvero quello di rivedere per i piccoli comuni lo stop alla mobilità perchè crea squilibri rispetto a chi abita in una grande città”.
Per quanto riguarda invece Base Riformista dicono nel ‘corpaccione’ della componente ci sia chi consideri troppo compressa l’azione, appunto, riformista dem. Ad esempio, nella dialettica tra istanze sanitarie e istanze economiche nella gestione della pandemia. “Non possiamo farci scavalcare da Renzi”, il senso dei ragionamenti.