“Milano ha perso l’Ema, ma l’Italia deve e può contare di più nell’Europa del farmaco”. Lo sostiene il direttore dell’Agenzia europea per i medicinali (Ema) Guido Rasi, in un’intervista al ‘Corriere della Sera’.
In gioco, sostiene, ci sono le cure del futuro: se, come e per quanti ammalati il nostro Paese sarà in grado di finanziarle, ma anche la possibilità per i pazienti di avere il prima possibile nuove medicine per gravi malattie.
Ma come fa l’Italia a contare di più? “Per essere influente un Paese deve investire nella propria agenzia nazionale, che nel caso dell’Italia è l’Aifa, e imporle un raccordo strategico con l’Ema – dice Rasi -. Attualmente l’Aifa con i suoi 450 dipendenti è pesantemente sottodimensionata e poco connessa al network europeo. I governi dei Paesi influenti consultano Ema regolarmente per la loro programmazione di spesa e investimenti e per ricevere indicazioni su quali profili di esperti siano più efficaci per le loro strategie”.
“La scienza è assoluta, ma ogni Paese ha caratteristiche socioeconomiche diverse: ciascuno deve garantirsi che nel processo di valutazione del costo-beneficio di una terapia innovativa venga preso in considerazione anche l’uso ottimale del farmaco nel contesto del proprio Paese”. Insomma, “l’Italia deve e può contare di più. Oltretutto il contributo scientifico è generosamente remunerato da Ema. La Gran Bretagna incassava 16 milioni di euro l’anno. È una partita da non perdere”, conclude.