Dall’inviata Silvia Mancinelli
“La mia assistita ha seguito pedissequamente le indicazioni che le venivano date, era l’unica che poteva effettuare in quelle condizioni un’operazione di predisposizione del diploma”. Lo spiega all’Adnkronos l’avvocato Giuseppe Innamorati, difensore di Cinzia Camagna, l’impiegata dell’Università per stranieri di Perugia che materialmente ha predisposto l’attestato d’esame del calciatore Luis Suarez. “Lei è una semplice impiegata – dice il legale della donna indagata insieme ad altre quattro persone – ma è una persona intelligente, sveglia e laureata, che quindi percepisce perfettamente tutta la questione che si muove molto al di sopra di lei ed è stravolta da questo fatto. Certo, la sua imputazione non è grave come le altre, perché indagata solo per il falso in atto pubblico, tra l’altro molto stirato. Ma per una che ha fatto per anni l’impiegata amministrativa con una condotta di onestà assoluta è ugualmente sconvolgente”.
Camagna, che non compare nella foto diventata ormai virale con il calciatore, “ha lavorato su questo sistema di elaborazione degli attestati. Annullate col Covid le prove scritte – prosegue l’avvocato – , quando non venivano immessi gli esisti della prova, lo stesso bocciava automaticamente il candidato. Per questo si era reso necessario effettuare delle forzature per tutti i diplomi che venivano emessi, scavalcando quella parte del sistema in cui si chiedeva il voto dello scritto. La signora era in rapporto costante con un tecnico da remoto quando bisognava fare queste forzature, collegate al fatto che nelle ultime sessioni si era fatto solo l’orale e non lo scritto. Questo ha reso necessario il suo intervento per predisporre una cosa che, come visto dalle foto poi pubblicate, poteva essere esibita davanti alla stampa come conquista fatta dal candidato. Lei è arrivata a realizzare un documento nemmeno firmato, aveva i simboli dell’Università ma era il prodromo poi firmato e finito da altri”.
E sulle intercettazioni nelle quali Camagna dice “io lo faccio già preparare (…) posso già metterci il voto” l’avvocato spiega: “Lei ha fatto quanto faceva con tutti gli altri e ha chiesto che voti ci dovesse mettere perché lo volevano già pronto: come ha spiegato al pm, l’idea che aveva era che se non ci fossero stati gli estremi per promuovere il soggetto, il documento già pronto sarebbe stato stracciato e avrebbe poi ricevuto un attestato di bocciatura. Ingenuamente ha chiesto se avrebbe dovuto metterci il minimo, che non avrebbe turbato nessuno. Questo lo ha spiegato in maniera lucida al magistrato, ha messo 3 così da essere sicura che il sistema producesse questo prodromo di documento da consegnare. Idea che lei nemmeno era tenuta ad avere. Era semplicemente tenuta a fare il certificato, senza sapere a cosa sarebbe servito il certificato. L’aria che questo miliardario sarebbe stato aiutato molto l’avevano tutti, dal basso livello impiegatizio, che è quello della signora, agli altri. Lei ha spiegato questo al pubblico ministero: ha fatto tre quarti di certificato che poi firmavano altri. Ha fatto quello che le è stato chiesto di fare, risolvendo il problema – conclude l’avvocato – come in tante altre occasioni per tanti altri”.