Quasi 1.000 morti in meno all’anno se i nuovi antidiabetici fossero impiegati in tutti i pazienti eleggibili al trattamento
Le malattie cardiovascolari (MCV) rappresentano la principale causa di morbilità e mortalità fra i diabetici: in questi pazienti, rispetto alla popolazione sana, il rischio di morte per MCV aumenta di oltre 2 volte, quello di infarto e ictus cresce fino a 4 volte. Le complicanze macrovascolari rappresentano anche la maggior voce di spesa: solo quella ospedaliera e farmacologica, imputabile a tali complicanze, ammonta a 2,6 miliardi di euro all’anno, circa un terzo (29,8%) dei costi diretti della patologia diabetica. I principali Trials Clinici di Outcome Cardiovascolare (CVOTs) sugli inibitori del co-trasportatore di sodio glucosio 2 (SGLT2i) e gli agonisti recettoriali del glucagon-like peptide (GLP-1 RA) documentano, per alcune molecole, una riduzione degli eventi e della mortalità cardiovascolari. La nuova monografia degli Annali AMD “Diabete, obesità e malattia cardiovascolare: lo scenario italiano”, realizzata con il contributo non condizionante di Novo Nordisk, ha quantificato i pazienti italiani che potrebbero essere trattati con SGLT2i e GLP1 RA, le percentuali di quelli già in terapia, e il potenziale impatto derivante dall’utilizzo di questi farmaci in tutti i soggetti eleggibili.
“La nostra analisi ha evidenziato come, su un totale di 468.940 pazienti registrati nel database degli Annali, 41.715 sono risultati eleggibili allo studio EMPA-REG OUTCOME (quindi all’impiego di empagliflozin) e, di questi, solo 2.161 (5%) erano effettivamente trattati con SGLT2i nell’anno 2016; 139.637 soggetti, invece, sono risultati potenzialmente eleggibili allo studio LEADER (quindi all’utilizzo di liraglutide), ma di questi appena 4.823 (3,5%) risultavano trattati con GLP-1 RA”, illustra Domenico Mannino, Presidente AMD. “Se tutti i pazienti eleggibili per gli studi EMPA-REG OUTCOME e LEADER fossero trattati rispettivamente con SGLT2i e GLP-1 RA, applicando al real-world il tasso di eventi evidenziato nei trial, il beneficio cardiovascolare imputabile ai farmaci in studio si tradurrebbe in un numero consistente di eventi evitati. Nello specifico, con gli SGLT2i verrebbero scongiurate annualmente 363 morti per tutte le cause (di cui 307 per cause cardiovascolari) e 201 ospedalizzazioni per scompenso, con i GLP-1 RA, 539 morti e 404 ospedalizzazioni”.
Alla luce del pesante impatto delle MCV nel diabete, i risultati dei trial di safety cardiovascolare riguardanti gli SGLT2i e i GLP1 RA suggeriscono un cambio di paradigma, passando dalla riduzione della sola emoglobina glicata (HbA1c) a un focus più ampio sulla riduzione del rischio cardiovascolare. L’analisi condotta dall’Associazione Medici Diabetologi, grazie alla disponibilità del database degli Annali, rappresentativo di ciò che avviene in “real-world” nei centri diabetologici del nostro Paese, ha permesso di quantificare l’impatto nel mondo reale di questi trial e l’applicabilità dei loro risultati a una vasta popolazione in condizioni di normale pratica clinica. Con l’obiettivo di rendere i diabetologi italiani sempre più “abili” nell’impiego appropriato di queste nuove classi di antidiabetici, AMD ha anche avviato il nuovo progetto formativo “Dai CVOT ai PDTA. La traduzione in pratica clinica delle linee guida cardiometaboliche”.
“Molti soggetti con diabete di tipo 2 – conclude Mannino – potrebbero beneficiare di trattamenti che nei trial clinici hanno documentato effetti positivi sugli eventi cardiovascolari. Oggi solo una minima quota di tali pazienti risulta effettivamente in trattamento, mentre un uso diffuso di queste molecole porterebbe a evitare ogni anno un numero sostanziale di decessi e di ospedalizzazioni per scompenso cardiaco. È auspicabile che nel prossimo futuro l’uso appropriato di SGLT2i e GLP1 RA, in accordo con le più recenti linee guida italiane e internazionali, possa allargarsi a tutti i pazienti potenzialmente eleggibili, contribuendo a ridurre l’impatto clinico, sociale ed economico delle malattie cardiovascolari nelle persone con diabete di tipo 2”.